Il mese scorso ho visto al teatro San Carlino di Roma lo spettacolo "Giacomino e il fagiolo che montò fino al cielo", della compagnia il laborincolo di Perugia. Per me è stata quasi una scoperta del teatro di figura, forma espressiva tutta costruita sulla pura libertà di rappresentazione, dove le parti narrative e di costruzione scenica si miscelano in un risultato a tratti inedito e imprevisto.

La mia attenzione, come non potrebbe, si è soffermata sulla scenografia. Affascinante per due aspetti: il primo, legato alla costruzione del racconto, dove si innesca un processo di trasformazione nel quale, mano a mano che la storia prosegue, gli oggetti scenici cambiano forma e si risimbolizzano sino ad occupare tutto lo spazio scenico. Dal tranquillizzante e limitato spazio della casa di Giacomino sino all’espolosione della foresta e del sogno, passando per gli equilibri instabili di un viaggio.

Altro aspetto è la questione tecnica, Marco porta in scena lo spettacolo da solo per cui ogni meccanismo è manovrato "live" in un mix di tecnologia e uso creativo dei materiali. Inoltre in uno spettacolo pensato per essere trasportato e messo in scena in diverse condizioni, ogni cosa ha il suo preciso posto e forma anche da smontata.

La compagnia Il Laborincolo è composta da Marco Lucci, burattinaio e da Eva Hausegger per le scenografie.


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Architettura di stoffa